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Di mascherine e armature

Ecco a cosa penserò ogni volta che guarderò questa foto

Di recente a Palazzo Chigi ho incontrato il Professore Avvocato Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, e il Prefetto Luciana Lamorgese, Ministro dell’Interno.

Al termine dell’incontro ci siamo posizionati davanti al Tricolore e alla bandiera dell’Europa per la foto di rito.

 

Tra qualche anno forse dovrò fare appello ai documenti ufficiali per ricordare il motivo preciso dell’incontro, ma al contrario un principio spirituale connesso a questa foto resterà di certo per sempre nella mia mente.

Nella foto tutti e tre indossiamo una mascherina che copre naso e bocca. Ovviamente la mascherina non è proprio un accessorio convenzionale nelle foto ufficiali, ma l’emergenza dovuta al Covid-19 impone che si prendano misure adeguate in ogni circostanza.

E qui inizia la mia riflessione spirituale.

PRIMA CONSIDERAZIONE: mettersi nella condizione di poter essere benedetti

Per un’occasione del genere si sarebbe potuto proporre di riunciare alla mascherina per qualche istante, giusto il tempo di una foto. Si sarebbe potuto razionalizzare che in fondo qualche secondo senza la mascherina e senza alcun contatto non avrebbe di certo rappresentato un pericolo.

Avrei potuto addirittura convincermi che poiché ero lì a rappresentare ufficialmente la Chiesa del Signore in Italia, come Suo rappresentante in quegli istanti, avevo diritto alla Sua protezione e che quindi mi sarei potuto togliere la mascherina perché tanto Lui avrebbe provveduto a evitare un eventuale contagio.

Ma in quegli istanti non ho potuto fare a meno di pensare alle parole: “Vi è una legge irrevocabilmente decretata nei cieli, prima della fondazione di questo mondo, sulla quale si basano tutte le benedizioni. E quando otteniamo una qualche benedizione da Dio, è mediante l’obbedienza a quella legge su cui essa è basata” (Dottrina e Alleanze 130:20-21). Quella mattina prima di uscire di casa avevo pregato anche perché, se quella era la volontà del Signore, quel giorno non contraessi il temuto virus dei nostri giorni. È bastato il ricordo del principio eterno espresso da questi versetti, ovvero la necessità di fare la nostra parte per ottenere le benedizioni richieste, a fugare ogni dubbio sul fatto che la mascherina sarebbe rimasta anche se avrebbe significato avere il volto quasi totalmente coperto in una foto ufficiale con il Presidente del Consiglio Italiano.

A volte la fede dimostrata al mattino, quando con zelo ci rivolgiamo al Signore per chiedere la Sua protezione e il Suo aiuto, scema con il progredire del giorno quando veniamo meno al nostro impegno di fare tutto ciò che è in nostro potere per ottenere dall’alto le benedizioni che abbiamo espresso di desiderare.

A volte chiediamo a Dio di fare per noi quello che potremmo fare da soli per meritarci la benedizione che poi, una volta sfuggitaci per mancanza di obbedienza, invochiamo nuovamente Lui di darci o per la quale ci lamentiamo con Lui di non averci dato. Scambiamo per fede, chiedere quando siamo con l’acqua alla gola; confondiamo la disperazione con lo zelo.

Nella vita potremmo evitare tante preoccupazioni se ci ricordassimo che: “Io, il Signore, sono vincolato quando fate ciò che dico; ma quando non fate ciò che dico non avete alcuna promessa” (Dottrina e Alleanze 82:10).

E così quella mascherina, che per tanti “buoni” motivi avrei potuto decidere di togliere, è diventata il segno della mia alleanza con il Signore, del mio impegno a fare la mia parte in ogni cosa per meritarmi le benedizioni che quel giorno desiderava darmi.

Nella vita ci troviamo tante volte davanti a piccole scelte che portano con sé conseguenze sia piccole che grandi. Una scelta apparentemente insignificante come non mettere la crema protettiva in una torrida giornata di sole in spiaggia potrebbe costarci un’insolazione e magari costringerci a letto proprio la sera in cui avremmo voluto passare del tempo a cena con degli amici, privandoci così di una gioia a motivo della noncuranza per un semplice accorgimento, per una leggerezza.

La scelta di attraversare con il rosso potrebbe non costarci una multa, ma forse la vita, o il resto della vita con conseguenze fisiche gravi derivanti magari dall’essere investiti da un’automobile.

SECONDA CONSIDERAZIONE: nutrire la propria credibilità

Ma le conseguenze non devono essere così tragiche per essere serie, anche molto serie. Pensiamo a quando come genitori insegniamo ai nostri figli a non attraversare con il rosso. Poi magari un giorno, per non far tardi al cinema, attraversiamo con il rosso e arriviamo incolumi dall’altro lato della strada. Potremmo convincerci che poiché non c’è stato alcun incidente, alla fine non abbiamo fatto niente di male o di pericoloso; ma ogni volta che mi trovo davanti a un semaforo pedonale rosso, anche da solo, penso a quello che succederebbe se attraversassi, anche in assenza di macchine e in condizioni assolutamente sicure: perderei d’un tratto la forza morale che ogni giorno provo a guadagnarmi per poter istruire i miei figli con l’aiuto dei poteri del cielo. Se attraversassi con il rosso e poi cercassi di insegnare ai miei figli che non si attraversa con il rosso correrei il rischio di non avere la forza di convincimento morale e il potere spirituale per essere convincente nel bene. Rischierei di perdere la stima dei miei figli e di non essere più credibile ai loro occhi.

TERZA CONSIDERAZIONE: non mettere a rischio la propria integrità

Quando alleno la mia mente a trovare giustificazioni plausibili al perché il mio caso è un’eccezione, allora rischio di diventare sempre più abile nell’evitare di seguire le regole e obbedire alle leggi, poiché ci sarà sempre un “buon” motivo per non farlo. Quando sul Monte Sinai scrisse nella pietra i dieci comandamenti (vedere Esodo 20), il Signore non aggiunse postille del tipo: “Non attestare il falso contro il tuo prossimo” a meno che qualcun altro non ti prometta qualcosa per farlo; o “Non rubare” a meno che quella cosa non ti serva davvero.

Ragionare per “eccezioni” mette a rischio la mia integrità, perché ogni deroga sarà sempre più facile da giustificare. Piccolo passo dopo piccolo passo potrei ritrovarmi molto lontano dal sentiero indicato dal Padre. Ciò metterebbe a rischio la mia integrità e di conseguenza la mia speranza nella salvezza eterna.

Il nostro non deve essere un impegno all’osservanza farisaica della legge, ma la consapevolezza che quando il Salvatore faceva apparentemente prevalere lo spirito della legge sulla legge stessa, come per esempio nel caso emblematico e famoso della guarigione del paralitico nel giorno di sabato (vedere Giovanni 5), la decisione di derogare all’interpretazione data della legge per osservarne lo spirito aveva come scopo ultimo quello di garantire un beneficio a qualcun altro e non di assicurarsi un tornaconto personale. Quando, per così dire, osservava lo spirito della legge, invece di attenersi all’interpretazione che i dottori volevano imporne, Cristo lo faceva per amore degli altri, non per amor di Sé stesso.

CONCLUSIONE

E così quel giorno la scelta non è stata tra il tenere o il togliere la mascherina; quel giorno la scelta, che in realtà non ho dovuto affrontare in quel momento perché l’ho fatta tanto tempo fa, è stata tra il continuare a sforzarmi di diventare una versione migliore di me stesso – per avvicinarmi alle benedizioni promesse dal Padre, e che sono a nostra disposizione per la Sua misericordia nell’accettare i nostri sforzi – o scegliere la via sicuramente umanamente più semplice trovando una giustificazione, ma, così facendo, allontanandomi dal fine ultimo della mia vita terrena.

L’apostolo Paolo invitava a rivestirci della completa armatura di Dio per poter stare saldi contro le insidie del diavolo (Efesini 6:10-18). Ecco, per me quella mascherina è il simbolo di un pezzo della completa armatura di Dio che mi difende contro le insidie del mondo, come virus e altri mali, e contro le insidie del diavolo, quelle insidie spirituali che potrebbero distruggere la mia anima.

Sì, lo so, potrei prendere quel virus in qualche altro modo; forse accadrà, ma di certo non l’ho preso quel giorno! Perché quel giorno “ho combattuto disperatamente, sono rimasto saldo e impavido, ho obbedito e ho prestato attenzione a eseguire scrupolosamente ogni parola di comando e così mi è stato fatto proprio secondo la mia fede. E io lo attribuisco giustamente al potere miracoloso di Dio, a motivo della mia grandissima fede in ciò che mi è stato insegnato a credere; che vi è un Dio giusto, e che chiunque non dubita sarà preservato dal suo meraviglioso potere” (vedere Alma 57:19-21, 26). L’essere stati scrupolosi nell’obbedire a ogni parola di comando è ciò che permise ai giovani guerrieri di Helaman (vedere Alma 57), che mai avevano combattuto prima nella loro vita, di sconfiggere un esercito grande e preparato senza che nessuno di loro morisse.

Ecco a cosa penserò ogni volta che guarderò questa foto!

Alessandro DINI-CIACCI

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